A dicembre Elvira Mujčić a Napoli

L’autrice di “Dieci prugne ai fascisti” e “Consigli per essere un bravo immigrato” incontra i lettori  in The Spark Hub. Una occasione preziosa per presentare tutto il percorso letterario dell’autrice bosnica e confrontarsi sui temi della stereotipizzazione dell’immigrato e su ciò che resta nella memoria collettiva della recente guerra civile nell’ex Jugoslavia.

 

Biografia Elvira Mujčić

Elvira Mujčić è nata nel 1980 in una piccola località serba ma subito dopo la nascita è arrivata a Srebrenica, in Bosnia, dove è vissuta fino all’inizio della guerra, nel 1992. Da Srebrenica si è spostata con la sua famiglia in Croazia e da lì in Italia. Nel 2004 si è laureata in lingue e letterature straniere e si è stabilita a Roma. É autrice dei romanzi Al di là del Caos, E se Fuad avesse avuto la dinamite, La lingua di Ana, Dieci prugne ai fascisti (Elliot edizioni, 2016). Ha tradotto in italiano Il letto di Frida di Slavenka Drakulić (Baldini Castoldi Dalai), Il nostro uomo sul campo di Robert Perišić (Zandonai editore) e Il dono d’addio di Vladimir Tasić (Zandonai editore). Ha curato la traduzione del cartone animato Draw not War e del documentario La periferia del nulla di Zijad Ibrahimović (Ventura Film). È coautrice dello spettacolo teatrale Ballata per un assedio debuttato al Festival Teatrale Borgio Verezzi (2010). Per Chiassoletteraria 2013 ha scritto lo spettacolo I quaderni di Nisveta.

 

I libri

Consigli per essere un bravo immigrato

 

Siete scampati alla guerra, alla fame, ai pericoli dei viaggi clandestini. Adesso che siete finalmente in un luogo dove forse avrete qualche possibilità di rifarvi una vita, dovete però convincere una commissione di estranei che avete avuto valide ragioni per sopportare tutto ciò. A Ismail, un ragazzo gambiano, non hanno creduto, e adesso gira con un pezzo di carta in tasca nel quale si attesta che la sua storia non è plausibile. Ma perché, si chiede Ismail? Quali caratteristiche deve avere il racconto di una vita perché appaia convincente? La stessa domanda se la pone Elvira, una scrittrice italo-bosniaca, arrivata in Italia vent’anni prima di lui. Dal dipanarsi delle loro vicende, nasce il racconto – sul filo dell’assurdo – dell’imprevedibile violenza della burocrazia. Muovendosi tra scomparse, nostalgie e rabbia, con l’ostinato desiderio di salvaguardare la propria dignità e sfuggire allo stereotipo dell’immigrato, i due protagonisti riflettono, non senza ironia, sul potere che traccia il confine tra verità incredibili e finzioni accettabili senza considerare che la vita troppo spesso supera di gran lunga la fantasia.

 

Dieci prugne ai fascisti

La famiglia di Lania, fuggita dalla Bosnia in guerra ed emigrata in Italia negli anni Novanta, porta sulle spalle un’eredità ricca di memorie e resistenza, ma anche di ironia e folklore. Nella apparente normalità riconquistata a fatica, all’improvviso tutti i membri vengono stravolti quando la nonna, tenace fulcro dell’intera famiglia, esprime la sua volontà di essere sepolta in patria. La richiesta si rivela da subito piuttosto complessa da realizzare. E’ l’inizio di una comica serie di manovre, fraintendimenti, scontri e progetti per non farsi trovare impreparati al verificarsi dell’evento. Ma quando, sette anni dopo, la nonna muore e il rientro in Bosnia deve aver luogo, la macchina organizzativa, così a lungo oliata, s’inceppa via via in modo grottesco e imprevedibile. Per Lania, i suoi due fratelli e la loro madre, al seguito del feretro verso la terra natia, inizia un viaggio a ritroso nel tempo, costellato di incontri bizzarri, in una migrazione al contrario alla riconquista della propria storia e di una nuova vita.

 

 

 

E se Fuad avesse avuto la dinamite?

Un paesino sulla Drina, una minaccia terribile, gli echi di un genocidio, il tempo lungo e indefinito del dopoguerra bosniaco; un nipote e suo zio che si districano tra passato e presente, s’inoltrano nei terreni dei rancori famigliari, intrecciano guerra e amore, verità e dubbio, passeggiano attraverso le follie di un popolo inebetito, cristallizzato nell’incubo del conflitto.

 

La lingua di Ana

Ana, la protagonista di questa vicenda, è un’adolescente moldova catapultata in Italia che improvvisamente si rende conto di non sapersi esprimere totalmente né in italiano né in moldavo. “C’è un detto secondo cui un uomo che parla due lingue vale due uomini. E quello che parla metà di una e metà di un’altra, vale un uomo? O ne vale mezzo?”, si chiede Ana, un’adolescente moldova catapultata in Italia, nel momento in cui si rende conto di non sapersi esprimere totalmente né in italiano né in moldavo. Protagonista di questo libro è la lingua con il suo potere evocativo e al contempo alienante; la lingua che accoglie e respinge. L’incapacità di esprimersi si tramuta in difficoltà di esistere, ma con la possibilità di reinventarsi. Ana vive passo dopo passo il doloroso passaggio da una lingua all’altra, che non è un semplice cambio di simboli e significati, ma è una ricerca emozionale tra le ibridazioni dell’Io. “Forse non parlare e non capire una lingua è un po’ come perdere uno dei cinque sensi. O forse, più probabilmente, è come perdere un pochino di ogni senso. Come se la realtà fosse percepita solo a metà e il resto andasse perso nella confusione. Inoltre, il mio non voler parlare era anche il mio non voler vivere qui, non volermi interessare di nulla e lasciare che il mondo se ne andasse per i fatti suoi, senza che io ne dovessi fare parte…”. “Crescere sradicati, in un altro Paese, alieno, in una lingua sconosciuta, più che problemi umani provoca problemi sovrumani”.

 

Al di là del caos

Dopo l’inattesa sentenza della Corte di giustizia dell’Aja che solleva la Serbia da ogni responsabilità nel genocidio di Srebrenica, un diario di viaggio e di vita scritto da una ragazza nata e cresciuta nella ex enclave dove l’11 luglio 1995 si è consumato il genocidio dei cittadini d’origine musulmana. Con questo libro Elvira Mujcic ha voluto far conoscere ed esprimere le conseguenze dell’immane eccidio di Srebrenica rivivendolo in se stessa, nei propri sogni e incubi, nei suoi amori giovanili e nelle sue disillusioni.