Il libraio al tempo del Covid19

Per il piccolo commercio, quello dall’esiguo profitto e della molta cura, il momento è a dir poco complicato. Di questa categoria fanno parte anche le librerie indipendenti, quei luoghi intenti a proporre ai lettori una offerta non omologata da una distribuzione che fa degli scaffali un perenne outlet. E nei momenti difficili, è risaputo, si va alla ricerca del confronto con chi di esperienza ne ha da regalare. Così Raimondo Di Maio, libraio ed editore di Dantes&Descartes risponde ad una nostra telefonata alle 15.30 di venerdì 13 marzo 2020 di un anno bisesto nel bel mezzo di una pandemia.

Come stai?
Eh… non c’è male!

Sembra che le fragranze da toeletta e i cavi da pc siano preferiti dal governo al libro delle librerie.
Leggevo Simonetta Fiori su Repubblica dei librai che si ribellano, ma come saprai per strada non c’è nessuno. È una situazione imbarazzante e non sappiamo dove andremo a parare. Ora è il tempo del coraggio ed è necessaria una buona predisposizione per affrontare i problemi che ci saranno. Ma tocca non fermarsi e io correggo le bozze dei prossimi libri che editeremo, ripongo quella attenzione necessaria per arginare la sciatteria dilagante che confonde l’editoria con la produzione di soli oggetti di immediato consumo. Lo faccio con piacere, con passione e non come doveroso dovere. Rileggo adesso per l’ennesima volta fino ad impararla a memoria la bozza di “Napoli porosa” di Asja Lacis e Walter Benjamin, un testo non reperibile nella produzione editoriale tedesca, francese, inglese e spagnola del filosofo e scrittore.

Non ti manca il rapporto con quei perpetui avventori che caratterizzano le giornate di un libraio?
Ho appena mandato degli stralci di un volume altrimenti irreperibile ad un intellettuale che sta scrivendo un volume su Domenico Rea, ad un altro ho mandato altro materiale, siamo una sorta di bibliolibrai per chi non riesce a fare a meno delle proprie passioni e del proprio lavoro.

È un servizio che possono fare le librerie, la loro molteplicità, non certo l’e-commerce.
Lo stato italiano, come gli stati europei, hanno deciso che Amazon potesse non pagare le tasse laddove produce profitto. Non è un problema che scopriamo oggi con questo nuovo e vero stato di eccezione. Certo è che il legislatore ha frainteso l’importanza della profumeria con la libreria, c’è un problema di non necessità del libro, cosa invece necessaria in un paese civile. La debolezza del settore è anche costituita dal panorama editoriale, imprese nate solo per fare soldi e consumi per dividere i profitti con i soci finanziari. Poi capita che un lettore cerchi un classico e questo non si trovi. Siamo un paese che non ha cura del suo catalogo.

Come possiamo resistere?
Bisogna continuare a vendere i nostri libri. Riprenderemo il lavoro da mediatori culturali. E alle nostre autorità voglio domandare: se Amazon può consegnare con i suoi corrieri che sia possibile farlo anche a noi, muniti di guanti e mascherine e con i libri sotto braccio. Che ci facciano uscire dalla clandestinità! Vogliamo essere riconosciuti per il lavoro che facciamo e per il nostro essere sul territorio.
A proposito, ho il deposito da sistemare e in libreria la spazzatura da buttare, speriamo che sia consentito farlo.

Alessandro Di Rienzo